Il Ritardatario | Rimasugli, Book Tour, In Fuga verso Abecederia

Rimasugli di Sergio Ruzzier (ritardo abissale: otto anni)

Questo è un grande recupero. Che consiglio a chiunque NON abbia a cuore il proprio benessere personale (e lo so che siete in tanti). Fa lo stesso effetto di quando il padrone di casa vi dice di non entrare assolutamente in quello stanzino in fondo al corridoio, e voi, la prima cosa che fate, appena se ne presenta l’occasione, ovviamente è sbirciare dentro lo stanzino.

Edizione elegante, una tematica importante, un personaggio spaesato. Bruno Passerini si sveglia un bel giorno rendendosi conto di non essere più parte di quel mondo in cui si è risvegliato. È un rimasuglio, una traccia ancora presente di una cosa che non è più. Se vogliamo una briciola, una buccia, uno scarto, una pelle secca di cicala o di serpente.

La scoperta del suo decesso avviene per passaggi teatrali. Non riuscire a farsi una doccia, non riuscire a scaldarsi un pasto. Il ritmo è lento, ma non è solenne. La tragedia è ridicola, comica. Il sacro si contamina col quotidiano. Ed è questo, da sempre, l’unico modo per farlo filtrare serenamente nella vita mondana.

Dopo i suoi vani tentativi di rientrare nella quotidianità, Bruno getta la spugna e si rende conto di essere il non essere parmendieo: può non fare, può non pensare, può non essere. Una condizione assai imbarazzante, risibile se vista da fuori, attraverso gli oblò con cui noi lettori riusciamo a spiarla, ma estremamente terrorizzante vista dal punto di vista del protagonista. Che è individuo trapassato, trasceso, un essere che sente di non appartenere più alla dimensione in cui però si dibatte ancora. È forse un fantasma? Quella casa è diventata una casa infestata? No, Bruno ha ancora una volontà, ma la sua dimora è effettivamente diventata una sala d’attesa. Per cosa? Per il viaggio. Lungo o breve? Chi può dirlo? Il nocchiero comunque arriva, ed è “strano”. L’aldilà com’è? Non si sa, ma dall’ingresso non promette benissimo.

Sergio Ruzzier è un campione. Qualità d’autore unico, coraggio da vendere, semplicità, che è la cosa meno semplice da accalappiare quando si narra una storia. Vicende a volte soffici a volte taglienti: bizzarre e intense storie (come quella qui presente) si alternano, nella sua produzione, a lavori più ariosi e solari. Una nostalgia, non morbosa ma inquieta, vela tutta la sua opera e tutti i suoi lavori, che ci hanno messo molto in Italia ad essere apprezzati come meritavano fin dal principio. 

Ogni suo libro è una perla, un capolavoro minimo che attraversa la vita del lettore e lo salva dal tran-tran derelitto dell’ordinario. Rimasugli ha il primato, secondo il mio modesto parere, però di essere un lavoro che scuote dal di dentro, fa molto ridere, ma è come se quella risata arrivasse a confinare, in una maniera non del tutto regolare, con un sentimento più profondo, di assoluta solitudine e misteriosa tendenza all’assoluto. 

Sul sito della preziosa casa editrice La Grande Illusion, che lo ha dato alle stampe nel 2014 in 600 esemplari, leggiamo che il libro è nato per celebrare l’anniversario della nascita di Alfred Jarry, il genio che ha dato la stura a tutta la letteratura dell’assurdo del Novecento, e il signor Bruno Passerini ha una parentela stretta e opposta con il maestro Jarry, dato che entrambi vagano nel mondo, in un tempo e in uno spazio che non sono i propri, cercandone un nuovo significato.

Del medesimo autore c’è Un cane insonne che mi ha fatto lo stesso effetto fatale. Qui Ruzzier è alle prese con una storia che pare incrociare le strisce di Charlie Brown con i personaggi di Trainspotting. E alla fine della lettura ti senti come se un fulmine ti avesse preso nel cervello. Un entusiasmo che turba. E ti ruba, per sempre, qualcosa.

Rimasugli di Sergio Ruzzier (Le Grande Illusion)

Book Tour – L’autore incontra il suo pubblico di Andi Watson (ritardo quasi indolore: 4 mesi)

Una valigia. Piena di libri. È la valigia di un autore in tour per la promozione del suo ultimo libro. Un’altra valigia. Con un cadavere. L’ennesimo. È  la valigia di un assassino seriale che impazza per la città. Scambi di persone, malintesi, discorsi a vuoto e fraintendimenti. E pure fughe, parole origliate, uscite dal retro, insonnie, cupe fiamme di roghi libreschi. Si chiama H.G. Fretwell il mite autore che porta in giro il suo libro appena uscito, Senza K. E quella K è già il marchio di fabbrica dell’intero volume che teniamo in mano. La K è il glifo magico che evoca lo spirito di Franz Kafka.

H.G. Fretwell ha una moglie, Rebecca (e qui il nume evocato è quello di Hitchcock), che non segue molto la carriera letteraria del marito. Lui parte per il tour e lei lo saluta attraverso una porta. Fretwell è più che mite. Non è distaccato dal reale, ne è staccato. È come un’isola che sta in mezzo all’oceano, colonizzata solo da pulcinelle di mare. La sua astrazione coincide con un cuore d’oro e una vaga tendenza alla menzogna, o meglio all’incartarsi da solo. È come se il labirinto lo chiamasse a sé. Non sa mai discolparsi del tutto da quello che fa, come se il suo semplice esistere sia già un atto da giustificare. E questo lo rende il perfetto capro espiatorio. Un’altra cosa che lo rende il perfetto soggetto da accusare è che non legge i quotidiani, recensioni letterarie a parte, e non sa niente della sequela di omicidi che insanguina le strade della città dove si sta recando a promuovere il suo ultimo libro. Non tarderà a trovarsi nei guai, il buon Fretwell, e a vedere il suo innocuo viaggio promozionale diventare un grottesco scorpione che lo immobilizza con tenaglie eleganti, ma inesorabili, per poi infilarlo con il fioretto di un pungiglione purpureo.

La città non è la Praga Magica di memoria ripelliniana, ma poco ci manca: ogni tanto emerge un bistrot di Montmartre e gli sbirri hanno facce da Scotland Yard, ma quei ponti, quei tram, quei vicoli oscuri dove il sole non arriva nemmeno a mezzogiorno, sono quelli che hanno cullato i racconti di Kafka. Anzi è proprio lo sfondo, i selciati, le pareti, l’ambiente il vero protagonista. La babelica ridda di case, tetti e grondaie, i sampietrini su cui Andi Watson fa perdere e riperdere il suo protagonista è spesso la carta in più che fa brillare la storia. E ovviamente le librerie. E i libri. Che sono tutt’uno con i librai. Una carrellata di volti, gesti e parole che chiunque abbia bazzicato gli ambienti potrà agilmente riconoscere.

La discesa nel maelstrom è affascinante, resa perfettamente dal meccanismo con cui vengono servite a Fretwell camere in alberghi sempre più squallidi, più degradati. L’incubo per eccellenza per lo scrittore in tour: una pessima camera d’albergo. E dover pagare il conto del proprio pasto. Cosa che a Fretwell succede più di una volta. Sono proprio le nevrosi dello scrittore narcisista, il suo freudiano attaccamento a determinati status, che è il bersaglio della penna di Watson, che in questi casi diventa davvero affilatissima. La storia dell’ingenuo H.G. è la storia di ogni autore che si mette in viaggio per incontrare il suo pubblico. Una vita romantica, nomade, che però, come tutte le altre più stabili e classificate, nasconde piccolezze miserevoli. Anzi, le esalta.

I personaggi sono un discreto omaggio agli eccentrici caratteri di Edward Gorey, che con L’Arpa Muta, il suo singolare esordio, carezzò le stesse psicastenie che il libro di Watson tocca con gusto. E c’è pure il profumo del Franticdi Roman Polanski – anche lì uno scambio di valige faceva partire il gioco al massacro – ma il tratto vitale delle tavole e il ribollente mistero della storia sorprende sempre per efficacia e originalità. Tuttavia alla fine è come se la risoluzione del giallo non sia esattamente l’interesse principale dell’autore, anzi il finale scompagina del tutto la struttura da crime story della vicenda. Quello che interessa a Watson, tutt’altro che elementarmente, è darci un’assaggio dell’angoscia della nuova vita dello scrittore H.G. Fretwell, in un epilogo degno proprio dell’inquietudine sospesa del finale de Il Processo.

Andi Watson ha scritto e disegnato moltissimo nella sua vita, cambiando spesso ambientazioni, soggetti, target e stili, con risultati altalenanti. Questo è forse il suo prodotto migliore, prova ne è la candidatura ai premi Eisner dell’anno scorso. L’edizione del volume è tascabile come il migliore dei volumetti della Penguin Books. E questo già basta per fartelo amare.

Book Tour – L’autore incontra il suo pubblico di Andi Watson (Edizioni BD)

In Fuga verso Abecederia di BlexBolex (ritardo accettabile: due anni, quasi tre).

Il gusto della fantascienza di serie B incontra la qualità espressiva del miglior illustratore europeo vivente, quel BlexBolex che qui in Italia abbiamo potuto ammirare anni or sono, grazie ad una gagliarda mostra al Ratatà di Macerata del 2016.

La sinossi è fangosa: Leon e Bernard, di cui possiamo leggere la biografia all’inizio della storia, sono due malavitosi reduci dal loro colpo perfetto. Con tutta la grana che hanno accumulato si rifugiano in un luogo dove nessun poliziotto potrebbe mai pensare di trovarli: una specie di colonia militare dove impera non si sa bene che genere di regime. Una volta là dentro sono al sicuro dalle forze dell’ordine ma si rendono subito conto che non se la passeranno tanto liscia. Quello che sembrava un rifugio sicuro si rivela un laboratorio sperimentale dove un folle dottore usa gli esseri umani come cavie per farli accoppiare con un grottesco vermone arrivato da chissà dove all’interno di una cometa precipitata sul territorio della Katagonia nel 1963.  

Il racconto è fulmineo, pieno di colpi di scena, e sballotta il lettore in un mondo ricco di dettagli, suggeriti alacremente. In pratica ad ogni pagina succede qualcosa. Tra testo ed illustrazioni niente sembra perdurare più di un paio di pagine e la lettura offre un piacevole senso di instabilità. Non è una storia per tipi impressionabili, le scene cruente non sono poche: decapitazioni, torture, macinatori di carne umana che spruzzano sangue, miniere ripiene di sacche di cadaveri. Tutto questo però, servito com’è in un fine formato tipografico, non fa che accrescerne il fascino e il mistero. Giacché In Fuga verso Abecederia offre uno squarcio su di un mondo ricco e complesso, che non smetterà di far rimuginare il lettore su quello che ha appena terminato avidamente di assimilare.

Questo libretto smilzo è benedetto da due cose: la perizia con cui Else Edizionilo ha preparato, costruito e tirato in 500 copie numerate e certificate, e la grottesca idea del suo autore di incastrare un racconto di gangster dentro un racconto di fantascienza che a sua volta è incastrato dentro un… abbecedario. 

Che cos’è un abbecedario? Creatura antica, quasi scomparsa dalla pareti della aule delle elementari, lo si può ancora trovare in forma cartacea, libresca, sui banchi dei giovani virgulti intenti ad apprendere la lingua. Spesso alla A è associata l’effige di un’Ape e ad una B quella di un Bue, in un gioco prima mnemonico e poi semantico ed infine linguistico. Qui BlexBolex fa la medesima cosa e inanella una storia hard boiled con rapine, cadaveri, colonie totalitarie, megafoni orwelliani associando visivamente ogni capitolo ad una lettera dell’alfabeto. E così la A è la via di fuga dei gangster, la B il cartello di benvenuto all’oscura comune equatoriale di Abecederia. La M un energumeno, la N un pugno in faccia. Come ha fatto? Non chiedetevelo. Recuperate il libro. Ma secondo me, solo lui poteva riuscirci. 

BlexBolex, al secolo Bernard Granger, è un gran bravo pirata. Nasce tra la Francia e il Belgio nel 1966 ed esordisce nel 1992, sui banchetti traballanti delle autoproduzioni. Da allora non si ferma mai. Per fortuna. È serigrafo, principalmente, e il denso colore della vernice rende le sue opere vivide e piene come fiamme che guizzano in un camino: se le tocchi, le senti. Le sue produzioni nascondono, come quelle di Ichinori, di Nora Krug o di Atak, un gusto che le rende classiche e insieme assolutamente contemporanee, leggibili e rileggibili, per studiarne ogni dettaglio: la storia, i disegni, i dettagli, la tecnica e, infine, la concertazione di tutti questi elementi assieme. 

In fuga verso Abecederia è il primo libro del nostro ad essere stato tradotto in inglese (è stato pubblicato da Nobrow nel 2009) ed ha ricevuto diversi allori, il più importante dei quali è il premio della Fiera di Lipsia nel 2008. In Italia i lavori di BlexBolex – piccoli capolavori come Ballata,Vacanze e altri – sono pubblicati con cura e amore daOrecchio Acerbo e, mai come in questo caso, la preziosissima realtà serigrafica di Else (laboratorio e casa editrice d’eccezione) collabora con armonia e gusto con la più nota casa editrice romana, per portare nelle librerie questo eccentrico gioiello del nuovo secolo.

In fuga verso Abecederia di BlexBolex (Else editore)

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