Ci sono due tipologie di registi nella settima arte. Gli autori che aspirano a blockbuster interpretati dalle più grandi star di Hollywood. E gli autori che sognano di raccontare grandi storie che raccontano un pezzetto di noi. Opere intime che, impreziosite da uno sguardo autoriale unico, cristallizzano poetici frammenti di quotidianità.
Todd Solondz, Wes Anderson, Gregg Araki, David Lynch, Xavier Dolan sono solo alcuni dei maestri del cinema di genere che hanno scelto la libertà e le sfide dell’indie per costruire una serie di cult intramontabili che difficilmente dimenticheremo.
Todd Solondz
Todd Solondz è un autore, sconosciuto al pubblico mondiale, che cristallizza su pellicola una serie di satire oscure che conquistano la critica internazionale.
Dopo il fulminante debutto dietro la macchina da presa con “Fear, Anxiety e Depression”, il regista statunitense conquista il Sundance Film Festival con il malinconico e controverso “Fuga dalla scuola media”. Trenta anni di grandi film che, da “Happiness” e “Storytelling” a “Palindromes” e “Perdona e dimentica”, annoverano nel cast attori del calibro di Allison Janney, Selma Blair, Philip Seymour Hoffman e Christopher Walken.
Wes Anderson
Su Hoppípolla difficilmente smetteremo di parlare di Wes Anderson! E il motivo è semplice: il padre di Margot Tenenbaum e Steve Zissou è in assoluto uno dei più grandi registi del cinema indie.
Dopo l’esordio dietro la macchina da presa con “Un colpo da dilettanti”, Wes Anderson sceneggia e dirige “Rushmore”, brillante satira sociale inserita, a venti anni dal debutto, tra le opere conservate nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Ma è con “I Tenenbaum”, epopea familiare accompagnata dalle musiche dei The Beatles e pervasa dal suo stile visivo poetico e malinconico, che inizia la sua ascesa nell’Olimpo Indie come maestro del cinema di genere.
“Le avventure acquatiche di Steve Zissou”, “Il treno per il Darjeeling”, “Fantastic Mr. Fox”, “Moonrise Kingdom”, “Grand Budapest Hotel” e “L’isola dei cani” portano Wes Anderson tra generi diversi, spesso contrapposti, uniti dal suo sguardo visionario.
Tra i suoi cult annunciati spicca “The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun”: film che racconta tre storie ispirate dagli articoli più noti del New Yorker rimandato a data da destinarsi a causa della pandemia di coronavirus.
Gregg Araki
Tra gli autori più controversi della storia del cinema ha un ruolo d’onore Gregg Araki. Regista, sceneggiatore, montatore e produttore statunitense, Araki scrive soggetti e sceneggiature che, tra la tematica LGBT e la ferocia della società americana, trovano nell’indie l’unica strada per diventare realtà.
Dopo il debutto con l’inedito “Three Bewildered People in the Night”, Gregg Araki si impone nel cinema di genere con il violento e perverso “Doom Generation”. Un’epopea di sesso, violenza, omicidi e droga che consacra il suo stile estremo nell’immaginario cinematografico mondiale.
Da quel lontano 1995, Araki realizza lo straordinario “Mysterious Skin” interpretato da un giovane Joseph Gordon-Levitt e spazia tra serie tv più commerciali (“Riverdale”, “Tredici”) e show tv pervasi dallo spirito folle (“Now Apocalypse”) che da sempre lo contraddistingue.
David Lynch
Ci sono autori che è difficile, se non impossibile, descrivere. Uno su tutti, David Lynch: uno dei più grandi registi della storia del cinema mondiale. Un genio creativo e un artista visionario considerato a ragione “l’uomo del Rinascimento del cinema moderno americano”.
Dopo il debutto dietro la macchina da presa con il folle, e a tratti incomprensibile, “Eraserhead”, David Lynch dirige il monumentale “The Elephant Man” che gli regala la prima nomination agli Academy Awards per la miglior regia agli Academy Awards del 1981. Da allora firma una serie di film pervasi dal suo tocco onirico sospeso tra terrore, malinconia, follia e nostalgia come “Velluto blu”, “Cuore selvaggio”, “Strade perdute”, “Mulholland Drive” e “Inland Empire”. Un talento visionario che trascende sul piccolo schermo rivoluzionando la tv mondiale con la serie cult “I segreti di Twin Peaks”.
Xavier Dolan:
Se Xavier Dolan è uno dei più grandi registi della sua generazione, un motivo c’è. Il suo stile visionario pop, accompagnato da improvvise esplosioni elettroniche, ne consacra la poesia, il talento e l’unicità.
Dopo il debutto con l’affascinante e controverso “J’ai tué ma mère”, Xavier Dolan ripete ciclicamente tematiche cardine a lui care attraverso storie, personaggi e racconti sempre diversi. “Gli amori immaginari”, “Laurence Anyways e il desiderio di una donna…”, “Tom à la ferme” anticipano il punto più alto della sua carriera: l’immenso “Mommy”, opera indie che conquista il pubblico e la critica mondiale lanciando Dolan tra i registi più quotati della settima arte. Ed è proprio il successo esagerato che lo porta al fin troppo commerciale “La mia vita con John F. Donovan”, tonfo artistico che lo riconduce all’amore LGBT intimo e delicato delle prime opere con il poetico “Matthias & Maxime”.
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