Dovendo riassumere il lavoro di illustratore di Massimiliano Di Lauro, si può dire senza tema di smentita che è all’insegna del movimento. Movimento nelle immagini, inconfondibili per la composizione estremamenta dinamica e le forme vigorose ed espressive; movimento per la continua ricerca che contraddistingue il suo lavoro e gli ambiti più diversi in cui si articola, dagli albi illustrati ai progetti per brand e advertising passando per l’illustrazione editoriale, le autoproduzioni e il character design per l’animazione. Un moto perpetuo che fornisce la benzina per una ricerca stilistica e contenutistica inesauribile.
Abbiamo parlato di cazzeggio e esplorazioni, di immaginare obiettivi ambiziosi e impegnarsi per raggiungerli, e del fatto che i gatti, in definitiva, se la cavano sempre.
Nella tua “origin story” di illustratore c’è una fase di rigetto per il lavoro in digitale e la scoperta degli albi illustrati, la necessità di cambiare e la volontà di salvaguardare il proprio lavoro dalla ripetizione. Come coltivi “la capacità di autosorprendersi” nel tuo lavoro quotidiano?
Be’ si, per me è fondamentale divertirmi quando lavoro e che io stesso sia sorpreso dal risultato per non morire di noia. Ma non lo dico tanto per fare il figo, è davvero così ed è una pratica che va costantemente allenata. Qualche volta succede che mi si chieda di fare un lavoro che “assomigli” ad un altro realizzato precedentemente, è una cosa che mi secca sapere già cosa verrà fuori. Quando posso cerco di sperimentare forme nuove, nuove soluzioni (nuove per me eh). Lo faccio soprattutto nei momenti di “cazzeggio” che poi in realtà sono i miei momenti di studio, di ricerca che si concentrano anche su piccole cose come segni, occhi, mani, palette colore che non avevo mai utilizzato.
Se arriva il classico momento di crisi in cui mi fa schifo tutto quello che faccio e in cui sono depresso, mi dispero a letto e mi rimetto a lavorare e poi di nuovo a letto allora mi costringo a cambiare, provo un nuovo naso, un nuovo modo di fare le ombre, delle textures, tutti elementi che poi mi porterò nella mia “maniera” in un processo che non sempre è del tutto cosciente.
Da qualche anno a questa parte stai lavorando ad un lungometraggio con Studio Testuggine. Come procede? Cosa ti porti dell’animazione nell’ illustrazione, e viceversa?
Il lungometraggio è in fase di scrittura e la macchina organizzativa sta lavorando per stringere collaborazioni e reperire i fondi necessari a svilupparlo. Non vedo l’ora di partire ma i tempi sono belli lunghi. Sicuramente nell’animazione mi sono portato il mio modo di disegnare fatto di sproporzioni, assenza di prospettiva, bidimensionalità, segni rozzi. Alcuni animatori apprezzano il mio disegno sporco, impreciso, magari anche non corretto dal punto di vista anatomico ma sicuramente più espressivo ed più esaustivo rispetto alla personalità del character.
Viceversa lavorare in questo ambito mi ha portato a provare nei miei lavori di illustrazione cose nuove come disegni non direi più proporzionati ma con sproporzioni differenti, pose molto più dinamiche, processi di sintesi dei volti, delle mani, dei background differenti. Questo linguaggio derivato soprattutto dal lavoro di concept per il lungometraggio ha fortemente influenzato il mio lavoro di illustratore.
Qualche anno fa dicevi di essere al 5% delle tue possibilità e di avere ancora tanto da dare. Considerato che nel frattempo sei stato estremamente prolifico, hai disegnato di tutto, fatto di tutto e sei stato ovunque, la prossima frontiera qual è?
Ahahaha, vero, me lo ricordo. Diciamo che al momento posso dire di essere all’8% (chiarisco che il mio 100% non arriverebbe neanche al 10% di un Eric Carle o un Bruno Munari). Diciamo che sono pronto ad investire tutte le mie energie nel lungometraggio.
In attesa che parta ho in programma di lavorare ad un paio di cortometraggi, di uno ho scritto io il soggetto, ho un bel po’ di idee per albi illustrati, sto lavorando a dei poster per una biblioteca canadese e c’è qualche altro porgettino in ballo.
Cosa metteresti in una capsula del tempo?
Non è semplice, possiedo poche cose ma ci tengo molto e non mi piace l’idea di dovermene separare ma piacerebbe anche ritrovarla un giorno e vedere un po’ che effetto mi farebbe.
Ci metterei:
- il mio coltellino
- la sciarpa della Roma che mi regalarono i miei genitori da bambino
- la mia maglia a righe preferita e ormai logora
- lo sketchbook che ho portato con me in un viaggio di un paio di mesi in Portogallo che a sua volta contiene etichette, biglietti, foglie, ecc.., è un oggetto per me preziosissimo
- un biglietto del treno con su scritto “destino” che porto sempre con me
- una foto della mia famiglia
- una piccola barchetta di legno che mi fa sentire a casa
- una foto della mia compagna e di sua figlia come sono adesso
- un mio ritratto disegnato da Olivia
- una canzone malinconica per aiutarmi a piangere un po’, forse Summer on a solitary beach di Battiato
Se potessi incorniciare un momento dell’ultimo anno di cui sei particolarmente fiero, quale sarebbe?
Sicuramente il momento in cui ho scoperto di essere stato selezionato per la Mostra degli illustratori della Bologna Children’s Book Fair. Avevo dimenticato che avrebbero annunicato i selezionati quel giorno, ad un certo punto mi arriva una telefonata di un’amica che mi dice “Complimenti! Sono orgogliosa di te!” ,io l’ho ringraziata e le ho detto che non avevo idea di cosa stesse parlando. Ci ho messo un po’ a realizzare il tutto.
In realtà era solo una preselezione ma hanno annunciato il giorno dopo i selezionati. Quando ho letto il mio nome ammetto di essermi emozionato.
Per gli illustratori appassionati di letteratura per l’infanzia la fiera di Bologna rappresenta un po’ un obiettivo, partecipare alla Mostra degli illustratori è una cosa importante e molto sentita. Ricordo le prime volte in fiera quando passavo tra quelle tavole in mostra, le studiavo, le divoravo e ricordo anche che mi ripetevo di impegnarmi perché così sarei riuscito ad essere selezionato.
Un libro, un disco o un fumetto che hai comprato a scatola chiusa?
Mi piace farmi consigliare libri che non conosco dai miei librai di fiducia, comprarli a scatola chiusa. Ho comprato così Atlante Geo – Grafico di Regina Gimenez pubblicato da Topipittori. Non l’ho ancora letto perché ho un tavolino pieno di libri da leggere.
Ma a me piace questa sensazione, il brivido della sorpresa, mi piace guardare un libro nuovo, tenerlo li senza aprirlo, immaginare un po’ che ci sarà dentro. Ora sto leggendo un altro libro comprato così, L’oca e suo fratello di Bart Meyaert pubblicato in Italia da Sinnos, è bellissimo.
Il il gatto di Schrödinger è vivo o morto?
I gatti, bene o male, se la cavano sempre.
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