C’è nelle illustrazioni di Francesca Rizzato una componente di ironia che è non è una presa di distanza dalle cose, proprio il contrario: è una manifestazione di empatia così forte che non può che farti venire voglia di venire tirato dentro alle storie che racconta attraverso il disegno. Un punto di vista umanissimo che rende riconoscibile la sua voce in qualunque contesto, che sia la copertina di una rivista o un progetto personale. Oltre che illustratrice, Francesca è dal 2015 una delle persone che si occupa di coordinare e allestire le mostre del Treviso Comic Book Festival’s, e chiacchierare con lei ci ha fatto ricordare in maniera parecchio vivida perché abbiamo così tanta nostalgia dei festival e perché non vediamo l’ora di ricominciare a frequentarli non appena sarà possibile.
Nelle tue illustrazioni c’è uno sguardo ironico che ti accompagna dai lavori per i clienti più istituzionali alle autoproduzioni: può essere un modo per “tirare dentro” nell’illustrazione?
Sì, penso di sì. Ma è soprattutto un riflesso del mio carattere e dell’ambiente in cui ho vissuto. Tendo a sdrammatizzare le situazioni serie con una battuta, così come facevano zie e nonna ai funerali di famiglia.
Anche quando ho illustrato la cover di Salute (il cui focus era il cambiamento delle abitudini natalizie ai tempi del Covid-19) il mio intento è stato quello di sdrammatizzare un tema doloroso, senza mancare di rispetto al dolore.
Durante la prima ondata della pandemia hai tenuto un diario visivo che è entrato a far parte di DAC, Designers Against Coronavirus. C’è qualcosa che hai scoperto sul tuo lavoro durante quest’anno che ti ha sorpreso e che speri ti portarti dietro anche quando questa esperienza sarà finita?
Di solito le buone idee arrivano da stimoli diversi e lontani dal disegno. Camminando nei boschi, viaggiando, leggendo, origliando i discorsi in treno. Nell’ultimo anno è stato più difficile trovare nuove idee proprio per i pochi stimoli. E devo ammettere che soprattutto i progetti personali ne hanno risentito, quello pubblicato in DAC è stato una delle pochissime eccezioni.
Molto diverso è quando si lavora per un cliente, lì non puoi permetterti di aspettare il momento giusto per disegnare. Lì si innesca qualcosa, frutto dell’esperienza e la mano inizia a disegnare. Questa consapevolezza mi ha stupito e rasserenato.
Sei parte della squadra che lavora ogni anno alla realizzazione di Treviso Comic Book Festival e parte del collettivo Super Squalo Terrore. Come ha influito nel tuo lavoro e nella tua ricerca personale questa dimensione di rapporto con gli altri?
Sono entrata a far parte del TCBF infilandomi a una festa privata e da quel giorno non me ne sono più andata. Dal 2015 mi occupo principalmente di coordinare e allestire le mostre, assieme a un gruppo di lavoro stupendo e appassionato.
Un lavoro complesso e bellissimo che inizia a gennaio con la scelta degli autori e delle autrici da invitare e che termina a fine settembre con l’apertura del Festival e le lunghe code alle inaugurazioni delle mostre (prima della pandemia, obviously).
L’aspetto più bello è quello di incontrare illustratori e fumettisti internazionali (e non) in un ambiente, come quello di Treviso, in cui è naturale finire a bere nello stesso tavolo con Katie Scott, Ricardo Cavolo, Sophi Hollington, Emily Hughes, Vincent Mahé, Noemi Vola, William Grill, Guido Scarabottolo, e molti altri.
Tra le esperienze più belle c’è stata quella di lavorare al fianco di Giovanna Durì che, a ritmo dei Clash, realizza le mostre più emozionanti, come quelle di Franco Matticchio e di Gabriella Giandelli.
Cosa metteresti in una capsula del tempo?
Domanda difficile. Probabilmente una lettera di scuse per non aver trovato nulla da mettere nella capsula del tempo.
Se potessi incorniciare un momento dell’ultimo anno di cui sei particolarmente fiero, quale sarebbe?
Sono molto felice delle collaborazioni con Repubblica e di un messaggio di stima da parte di Angelo Rinaldi.
Un libro, un disco o un fumetto che hai comprato a scatola chiusa?
Tutti i libri di Shirley Jackson.
Il gatto di Schrödinger è vivo o morto?
Non ambisco a fare Dio, spero vivo.
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