Out Of The Box | Cristina Amodeo

Uno stile che punta all’essenziale, con grande sintesi e un’osservazione ironica e partecipe dei propri soggetti: l’illustrazione di Cristina Amodeo è  profondamente personale a prescindere dal medium utilizzato, che sia la ceramica o il cartoncino con cui realizza i suoi inconfondibili ritratti di persone, natura e oggetti inanimati che raccontano una storia (come nel caso di Dogs and Chairs: Designers Pairs pubblicato per Thames&Hudson).

Originaria di Verbania, ma trapiantata a Milano da tempo insieme ai suoi cani protagonisti di molte avventure su instagram, abbiamo parlato con lei della vertigine della lista, dei corgi della regina e del design delle copertine di Silvio Coppola negli anni Settanta.

cristina amodeo hoppipolla out of the box

Le tue illustrazioni sono spesso immagini di un soggetto singolo, ritratto in maniera essenziale, a volte parte di una serie: per caso sei anche tu appassionata di liste come Umberto Eco e il protagonista di Alta Fedeltà?

Ovviamente si. Trovo altamente terapeutico il concetto di lista, soprattutto in ambito lavorativo. Mi aiuta a organizzare il lavoro e la giornata anche se a volte diventa esso stesso causa di procrastinazione, ammetto infatti di avere la tendenza ad aggiornare spesso le liste che stilo finendo per perdere il filo della produttività.

Allo stesso modo sono da sempre affascinata dai volumi botanici e naturalistici e dalle raccolte illustrate in cui vengono semplicemente catalogati svariati generi di soggetti, sono una fan del concetto di Wunderkammer e, va da sé, sono una collezionista bulimica di oggetti di anni passati o di souvenir legati a particolari esperienze. Tutto questo mi conduce spesso, in maniera spontanea, a realizzare illustrazioni a soggetto singolo, come facessero parte di un catalogo appunto.

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Sui limiti come strumento creativo si sono sprecati fiumi di inchiostro dagli oulipisti in poi: come sei arrivata all’uso della cartoncino colorato ritagliato come principale materia prima delle tue illustrazioni?

Ho iniziato ad utilizzare il cartoncino in maniera graduale, accostandolo ad altre tecniche pittoriche fino a riconoscermi in uno stile più minimale in cui sono le stesse forme di colore ritagliate nella carta a definire i soggetti e la narrazione delle mie illustrazioni. Per come concepisco le immagini potrei in un certo senso fare facilmente un salto al digitale ma non riuscirei a rinunciare alla sensazione materica della tavola finita, pulita, con le ombrine che cambiano a seconda della direzione della luce.

Questo ovviamente comporta dei limiti soprattutto perché i miei lavori non nascono mai da un’improvvisazione sul foglio ma sono sempre frutto di una serie di bozze che terminano con un disegno a matita molto preciso e definito dove spesso utilizzo sfumature o altri segni grafici per definire toni o contorni. La sfida sta nel trovare un modo per ottenere un risultato simile utilizzando solo la carta a tinte piatte, ma ci sono determinate situazioni, quando ritengo sia necessario e funzionale all’illustrazione su cui sto lavorando, in cui mi servo della matita per aggiungere un chiaroscuro al collage.

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Il tuo amore per i cani nelle loro infinite variazioni ritorna spesso nella tua produzione: c’è qualche canetto famoso di cui ti piacerebbe disegnare il ritratto ufficiale?

La mia vera passione sono i canetti brutti, quelli un po’ storti con troppi o pochi denti, il tipico esemplare da Progetto Quasi, un’Associazione di volontariato romana che si occupa, come recitano nella loro descrizione, di animali disabili, anziani, quasi morti, appena tiepidi e sull’orlo del trapasso. Loro li ritrarrei tutti!

Certo se poi i signori Obama mi contattassero per Bo e Sunny, i loro Cani d’Acqua Portoghesi, o la Regina Elisabetta II per un ritratto di gruppo dei suoi Corgie, sarei contenta lo stesso.

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Cosa metteresti in una capsula del tempo?

Sicuramente inserirei testimonianze di questo momento fantascientifico di contagio pandemico che stiamo vivendo.

Per il resto, considerata la mia propensione all’accumulo di curiosità di anni passati, se la riempissi io finirebbe per essere una capsula del tempo dentro l’altra. Sarebbe piuttosto un sogno avere la possibilità di aprirne una e scoprire cosa racchiude al suo interno.

Se potessi incorniciare un momento dell’ultimo anno di cui sei particolarmente fiero, quale sarebbe?

Domanda difficile. Tutti vivono anni meno brillanti di altri e il mio 2019 non è stato certamente un anno da incorniciare. È una cosa che può succedere lavorando da freelance e affrontare la situazione senza cedere a insicurezze e sfiducia sono cose che ho imparato a fare trovando invece risorse per dedicare tempo alla ricerca e sfruttando l’occasione per sviluppare progetti personali in cantiere da un po di tempo.

Un libro, un disco o un fumetto che hai comprato a scatola chiusa?

Tantissimi libri usati o fuori catalogo acquistati nei mercatini solamente per la loro copertina.

Ovviamente sono pochi quelli che corrispondono alle aspettative anche nei contenuti, tra questi i volumi della collana Franchi Narratori Feltrinelli edita dal 1970 al 1983 con le bellissime copertine di Silvio Coppola. Toccano temi drammatici e scomodi, descrivendo situazioni e problematiche strettamente legate al contesto socio-culturale di quegli anni, vissute in maniera diretta dagli autori. Tutte storie molto interessanti e mai deludenti.

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