Out Of The Box | Chiara Dal Maso

chiara dal maso

L’illustrazione di Chiara Dal Maso è una pratica che si nutre di connessioni: connessioni tra ambiti diversi del lavoro creativo, come possono essere la grafica, il motion graphic design e l’illustrazione editoriale; ma anche connessioni con le persone e le loro energie e punti di vista, e connessioni che disegnano un percorso che a partire da un’esplorazione personale portata avanti con curiosità – ma anche grande disciplina personale – conduce a luoghi prima inimmaginabili, come una mostra a Shangai.

La sua ironia si esprime attraverso il colore e il movimento, e risulta tanto più efficace perché poggia su un’attenzione rigorosa allo costruzione dell’immagine e all’equilibrio della composizione.

In un momento in cui il desiderio di connessione è forte per tutti (e spesso messo alla prova dalle circostanze) ci è sembrata davvero la persona adatta con cui parlare di gatti imburrati, parate rumorosissime e scoprirsi più ricchi di risorse di quello che ci si sarebbe immaginati.

Lavori molto anche come graphic designer e da qualche anno ti cimenti anche col motion design: come pensi che la tua sensibilità grafica si riflette nel tuo approccio all’illustrazione, e viceversa cosa ti porti del lavoro sull’illustrazione nel graphic design?

Tecnicamente parlando sono discipline molto diverse, ma il mio modo di fare grafica è pur sempre molto legato all’illustrazione – cerco di portare nelle mie impaginazioni colore, segni, movimento, icone.

D’altra parte, anche se non è la prima cosa che si nota, nelle composizioni illustrate cerco di pensare alla gestione dei pieni vuoti, alle linee di forza, allo scheletro del mio disegno.

Mi interessa avere un approccio multidisciplinare alle idee.

Il motion design e il fumetto sono altri campi in cui mi interessa sperimentare, a volte mi capita anche di lavorare con i tessuti, non voglio pormi limiti in termini di sperimentazione.

Uno dei tuoi progetti durati più a lungo è stato “Everyday Distraction!”, un disegno al giorno tutti i giorni a partire dagli eventi della giornata. Altrove dicevi che da questo progetto hai imparato a buttarti nelle cose e a disegnare molto velocemente. Quanto pensi che conti per un’illustratore questo tipo di pratiche per imparare a fidarsi del proprio lavoro e dei propri istinti di disegnatore?

La disciplina mi è stata fondamentale per acquisire confidenza e migliorarmi. 

Per un po’ sono stata la classica persona abituata ad affermare, pigramente, “se vabbè, non ce la farò mai” ma proprio per questo ho deciso di provare a smentirmi, perché mi piace cambiare idea, provare tutto quel che posso.

Quando ho iniziato tenevo il progetto un po’ nascosto. Più che particolari ambizioni, avevo moltissimo desiderio di disegnare di più, farlo per me.

È andata a finire che con un’energia crescente il progetto mi ha portata, tra le varie cose, a cambiare lavoro, abbandonando l’ufficio dove lavoravo da tre anni e condotta fino in Cina (a Shanghai, dove ho portato in mostra il progetto, nel 2019). 

Il disegno mi ha cambiato la vita in modo sorprendente.

Una selezione di “Everyday Distraction!” è diventata una mostra a Bilbolbul, sei tra i fondatori del collettivo Drinchendrò: in questo momento cosa ti manca di più degli eventi dal vivo? Dove si può provare a ritrovare quelle energie, intanto che aspettiamo di poter riiniziare ad ammucchiarci davanti ai banchetti dei festival? Quale progetto matto ti piacerebbe realizzare quando sarà di nuovo possibile?

Le persone mi piacciono molto e mi manca averci a che fare, parlarci, scoprire assieme nuovi punti di vista; da sempre mi affascinano i contesti culturali e le dinamiche sociali, mi piace analizzarne i simboli, le convenzioni, le contraddizioni. 

I progetti che ho amato di più nel corso degli anni sono stati quelli in collaborazione con altri artisti; ad esempio a fine 2019, invitati da Fantom Editions, abbiamo lavorato con Ruggero Asnago per realizzare una coloratissima parata nel contesto della Triennale di Milano.

È qualcosa di simile quello a cui penso di voler lavorare quando ci sarà la possibilità: un lavoro collettivo di grandi e piccini che sfocia poi in uno scoppio strombazzante di gioia.

Cosa metteresti in una capsula del tempo?

Un gran numero di sketchbook contenenti pensieri sparsi, liste della spesa, idee lasciate a metà, ecc.

Se potessi incorniciare un momento dell’ultimo anno di cui sei particolarmente fiera, quale sarebbe?

L’anno scorso è stato decisamente straordinario! Grazie alla possibilità di lavorare in smart working sono riuscita a trascorrere tre mesi in campagna, nella casa dove sono cresciuta. 

Qui ho realizzato assieme a mia mamma, ex sarta, una grande illustrazione con la tecnica patchwork.

Inoltre in un momento particolarmente luminoso ho realizzato un dipinto che raffigura la cucina di casa di un mio amico. Ho dedicato a entrambi questi lavori molto tempo e sono sia contenta del risultato, sia di tutto il mondo che c’è stato attorno e ha permesso di realizzarli.

Un libro, un disco o un fumetto che hai comprato a scatola chiusa?

Il mio acquisto più recente è “Felix Mio Mao” edizione italiana anni ’60 dello storico Felix The Cat di Pat Sullivan, opera a fumetti che risale al 1923. 

Con i grandi classici è raro sbagliarsi, opere come questa hanno un fascino nostalgico e un senso dell’umorismo intramontabile.

C’è stato anche un periodo in cui compravo tantissimi dischi originali basandomi unicamente sull’immagine di copertina. Ho scoperto così artisti incredibili, sia da un punto di vista grafico sia musicale.

Il gatto di Schrödinger è vivo o morto?

Ah…I gatti e la fisica! Che delizia! Non lo so, ma sogno un futuro di auto sospinte da motori a gatto imburrato…

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