5 horror italiani indie da riscoprire

Quando pensiamo al cinema horror, immaginiamo grandi classici dell’entertainment del brivido come “Halloween”, “Scream”, “Nightmare” e “Venerdì 13”. Un trionfo di inarrestabili serial killer e babau infernali disposti a tutto per uccidere a colpi di coltello, guanto affilato e machete le innumerevoli (e sfortunate) vittime che incontrano sul loro cammino.

Ma anche il cinema italiano, dall’alba dei tempi, presenta cult del terrore in grado di conquistare il pubblico e la critica internazionale. Un talento nel cinema di genere portato al successo da maestri del calibro di Dario Argento, Lamberto Bava, Pupi Avati, Lucio Fulci e tanti altri. E così in occasione di Halloween 2021, vi proponiamo cinque grandi horror italiani indie tutti da riscoprire nella notte più attesa dagli amanti del brivido.

Opera (1987)

Dario Argento è sinonimo di “Profondo rosso”. Uno dei più grandi thriller italiani che non inseriamo nella nostra classifica per il successo di pubblico e critica internazionale che, ancora oggi, lo caratterizza. Ma preferiamo concentrare la nostra attenzione su un capolavoro nella filmografia del maestro del brivido altrettanto estremo e inquietante: “Opera”. Un horror violento che trascende la follia visionaria di Dario Argento tra morti efferate, urla in slow motion e soggettive hitchcockiane. La musica lirica si fonde con il rock in una pellicola da incubo che, a distanza di oltre trenta anni dall’uscita, resta un cult che non ha nulla da invidiare all’intramontabile “Profondo rosso”.

La casa dalle finestre che ridono (1976)

Tra i più grandi registi del cinema italiano, Pupi Avati ha un ruolo d’onore. Dal lontano debutto dietro la macchina da presa nel 1970 con “Balsamus l’uomo di Satana”, Avati ha diretto film, documentari e serie tv di successo tra cui “Regalo di Natale” e “Il cuore altrove”. Ma non ha mai dimenticato la sua passione per il giallo contaminato da influenze horror che ha consacrato uno dei suoi più grandi capolavori: “La casa dalle finestre che ridono”. La terrificante storia di un giovane restauratore e del macabro affresco che deve riportare alla luce. Un horror padano caratterizzato dallo stile cinematografico di Pupi Avati e impreziosito da colpi di scena, scheletri negli armadi e folclore locale.

Shadow (2009)

Federico Zampaglione è il cantautore e frontman della band di successo Tiromancino. Ma è anche un regista e sceneggiatore caratterizzato da un’innata propensione per il cinema del brivido. Dopo il debutto dietro la macchina da presa con la commedia dark “Nero bifamiliare”, Federico Zampaglione dirige uno degli horror più folli e imprevedibili delle ultime due decadi: “Shadow”. Un cult apprezzato dalla critica internazionale che, omaggiando l’horror europeo, racconta il viaggio in bicicletta di un giovane soldato tra violenti cacciatori e uomini sinistri. Un progetto coraggioso che trasporta lo spettatore in un contesto fuori dallo spazio e dal tempo, il bosco, in cui la violenza è l’unica protagonista.

Cannibal Holocaust (1980)

“Cannibal Holocaust” non è propriamente un bel film. Ma è sicuramente un’opera che, a oltre quaranta anni dalla release, continua a far discutere per la sua rappresentazione eccessiva della violenza e per le tante censure e restrizioni che l’hanno visto protagonista. Un cult del 1980 che qualche merito ce l’ha, primo tutti la geniale idea di utilizzare la tecnica del “falso documentario” che dal 1999 in poi, complice il fenomeno “The Blair Witch Project”, dà vita a un vero e proprio genere cinematografico: il mockumentary. Un’opera caratterizzata da un realismo terrificante che conquista e ispira alcuni tra i più grandi registi del cinema horror internazionale come Eli Roth che nel 2013 realizza un omaggio a Ruggero Deodato con lo splatter “The Green Inferno”.

A Classic Horror Story (2021)

Nonostante l’ottimo successo di critica, “Shadow” di Federico Zampaglione non ha sancito la rinascita dell’horror italiano. Un fenomeno che Roberto De Feo ha riavviato con l’interessante “The Nest” (già acquisito dalla Gotham Film Group per un remake americano) e il sorprendente “A Classic Horror Story”. Diretto in collaborazione con Paolo Strippoli, questo accattivante horror unisce l’omaggio a grandi cult di genere come “La casa”, “Non aprite quella porta” e “Quella casa nel bosco” alla feroce critica contro una società che, tra social network e smartphone, tratta la violenza come entertainment. Un esperimento cinematografico carico di quell’entusiasmo indispensabile per rivitalizzare l’horror in Italia e impreziosito dalla performance di Matilda Lutz, una Scream Queen di cui sentiremo parlare in futuro.

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